Dall’abstract della ricerca condotta su 135 studenti dai prof. Erik Peper, Richard Harvey Erik Peper, pubblicata sulla rivista NeuroRegulation leggiamo:
“La dipendenza digitale è definita dall’American Society for Addiction Medicine (ASAM) e dall’American Psychiatric Association (APA) come “… una malattia cronica primaria della ricompensa cerebrale, della motivazione, della memoria e dei circuiti correlati. La disfunzione in questi circuiti porta a caratteristiche manifestazioni biologiche, psicologiche, sociali e spirituali. Ciò si riflette in un individuo che insegue patologicamente la ricompensa e / o sollievo dall’uso di sostanze e altri comportamenti … “con esempi come giochi su Internet o comportamenti simili. I sintomi della dipendenza digitale come l’aumento della solitudine (chiamato anche “phoneliness”), l’ansia e la depressione sono stati osservati in un campione di studenti universitari che hanno completato un sondaggio sull’uso degli smartphone durante e fuori la classe”.
“Nella nostra ricerca, precisano i ricercatori, gli studenti che usano il telefono (compulsivamente e con frequenza importante) presenta livelli significativamente più alti di isolamento / solitudine, depressione e ansia di quelli che usano meno il loro telefono” .
«La dipendenza dall’uso di smartphone inizia a formare connessioni neurologiche nel cervello in modo simile a quelle che si sviluppano in coloro acquisiscono una dipendenza da farmaci oppioidi per alleviare il dolore»
La persona che usa la tecnologia digitale in maniera compulsiva e continua (“digital addict” – dipendenza digitale), “impegna quasi tutta la sua attenziono sul controllo delle notifiche e sull’utilizzo delle apps digitali e, qualora gli venissero a mancare, manifesterebbe i tipici sintomi da astinenza. È stato infatti dimostrato che la tecnologia digitale stimola i centri di ricompensa del cervello, i quali rilasciano dopamina, oppiacei e sostanze neurochimiche” (fonte: diariodelweb.it)
La persona che soffre di dipendenza dallo smartphone (nomofobia) rimane in maniera costante e continua in uno stato di allarme, senza che vi sia un reale pericolo. Tutto ciò, a lungo andare, potrebbe generare serie problematiche di salute (psicologiche e comportamentali), tuttavia spiegano ancora i ricercatori la soluzione non è difficile, «così come possiamo metterci a dieta, possiamo allenarci ad essere meno dipendenti dai dispositivi».